FilmUP.com > Forum > Tutto Cinema - A HISTORY OF VIOLENCE di David Cronenberg
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FilmUP Forum Index > Cinema > Tutto Cinema > A HISTORY OF VIOLENCE di David Cronenberg   
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Autore A HISTORY OF VIOLENCE di David Cronenberg
Verme87

Reg.: 01 Set 2006
Messaggi: 2564
Da: catanzaro (CZ)
Inviato: 22-11-2006 18:48  

_________________
JEFF BUCKLEY FORUM

SINEAD O'CONNOR FORUM

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Velvetone

Reg.: 20 Nov 2006
Messaggi: 604
Da: milano (MI)
Inviato: 27-11-2006 19:15  
[ any comments ? ]

[ Questo messaggio è stato modificato da: Velvetone il 29-11-2006 alle 18:23 ]

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Velvetone

Reg.: 20 Nov 2006
Messaggi: 604
Da: milano (MI)
Inviato: 27-11-2006 19:23  
quote:
In data 2006-10-04 19:19, Midknight scrive:
Io penso che se il nome del regista fosse Cazzinbrucchio tutti avrebbero parlato di un film mediocre,buono al massimo,ma siccome e Cronemberg si grida al capolavoro.

abbastanza vero.

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Velvetone

Reg.: 20 Nov 2006
Messaggi: 604
Da: milano (MI)
Inviato: 27-11-2006 19:26  
quote:
In data 2006-10-04 20:55, Quilty scrive:
Un'altra scena memorabile è quella in cui Fogarty (il killer arrivato in città per uccidere il protagonista)e i suoi si confrontano con Tom nel suo giardino di casa.
"perchè, che cosa credi di avere sentito?" fa lui alla moglie..
"Non è quello che ho sentito, è quello che ho visto. Ho visto Tom trasformarsi in Joey".


[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 04-10-2006 alle 21:04 ]

ma ti credo ! ha visto il marito spaccare il naso a un uomo...

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Velvetone

Reg.: 20 Nov 2006
Messaggi: 604
Da: milano (MI)
Inviato: 27-11-2006 19:33  
quote:
In data 2006-11-20 20:01, mescal scrive:
Verme, non devi vedere questo film come una rappresentazione dalle intenzioni realistiche. Non è che il protagonista sia semplicemente una specie di Rambo, la violenza nel film ha un valore simbolico e metaforico.
Se ti limiti a guardare un film come questo in funzione di puro intrattenimento, è normale che ne resti deluso. Certe cose, nel film, devono colpire per suscitare una riflessione.
Il personaggio diventa invincibile nel momento in cui una parte di sé che aveva rimosso viene riportata prepotentemente a galla dal corso degli eventi. Se questo accade dipende da ciò che lui era in passato, la sua natura originaria e animalesca nascosta nel cuore della sua identità "sociale", fatta dal suo lavoro, dalla famiglia, da tutte quelle strutture e sovrastrutture in cui egli è inquadrato.
E proprio il fatto che egli agisca in base all'istinto di conservazione, proprio come un animale, è una delle ragioni per cui appare così "invincibile" rispetto agli altri personaggi.




ed è proprio la scelta di una 'meccanicità ' robotica del lato oscuro a scapito di un interpretazione psicologica,che non mi convince ....

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Velvetone

Reg.: 20 Nov 2006
Messaggi: 604
Da: milano (MI)
Inviato: 27-11-2006 19:39  
quote:
In data 2006-11-22 11:59, Schizobis scrive:
quote:
In data 2006-11-18 01:15, Verme87 scrive:
A me non è piaciuto proprio...davvero un film ridicolo....odio quei personaggi che sono dei super uomini che uccidono tutto e tutti e sembrano immortali...
ad esempio...nel locale gli viene conficcato un coltello nella pianta del piede...e lui il giorno dopo riesce a correre?
altro esempio...gli sparano ad un metro in pieno petto...e lui il giorno dopo riesce a guidare per 16 ore...riesce ad uccidere 5 uomini forzuti a mani nude... e tornare a casa senza un graffio ma vàààààà
Una delusione completa...peccato per l'ottimo cast e per il grande David...ma questo film è da buttare !




Questo obbrobrio qui sopra sarebbe una motivazione?
Un film ridicolo? Da buttare?
Cronenberg tratteggia la discesa nell'inferno di un passato rimosso, in una crisi di identità che cresce fotogramma dopo fotogramma, e tu parli di superuomini?
Cronenberg rappresenta una violenza che dilaga come una epidemia infettiva, colpendo non solo i padri, ma anche i figli, e i figli dei figli, sotolinendo le origini ancestrali (anzi pre Historiche) e tu mi parli di graffi e di super machi?
La rappresentazione di questa violenza è simbolica, ma non è che ci voglia molto a capirlo....

Vabbè ti diamo l'attenuante della inesperienza e della giovane età.
Il mio consiglio è di non sparare giudizi definitivi sulla base di parametri discutibili.
Non è il film da buttare, o ridicolo.
E' ridicolo un modoc osì assurdo di approcciarsi ad un'opera cinematografica.


Ciò non toglie che lo scopo, quello di rappresentare la 'violenza ' come verme solitario quello sì imbattibile,è miseramente fallito.

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MontyB

Reg.: 22 Nov 2006
Messaggi: 156
Da: novara (NO)
Inviato: 28-11-2006 19:00  
L'apertura del film (due tipi loschi che sembra abbiano ucciso delle persone) anticipa l'esplosione di violenza delle scene successive. Cronenberg ci presenta un uomo, tale Tom Stall (Viggo Mortensen), padre di famiglia, marito premuroso e proprietario di una modesta tavola calda nella desolata cittadina di Millbrook, nell'Indiana. Egli conduce un'esistenza apparentemente normale, divisa tra lavoro e famiglia, fino a quando, una sera, nel locale di sua proprietà si presentano i tipi loschi che abbiamo visto all'inizio. Non si sa cosa cerchino, hanno modi sgarbati, lasciando presagire che abbiano cattive intenzioni. Tom, però, grazie al suo sangue freddo, riesce a rubar loro la pistola e ad ammazzarli. Ma come ha fatto un uomo qualunque a destreggiarsi così bene in una siffatta situazione? Rimane il mistero. Nel giro di qualche minuto la notizia si diffonde in tutti gli Stati uniti e il nostro diventa un eroe. Le emittenti televisive fanno a gara per intervistarlo, ma l'uomo rimane impassibile, anzi, dichiara di voler dimenticare l'accaduto. Tutto sembra ritornare alla normalità, ma è solo un'illusione. Sì, perchè, quando Tom riprende la sua attività, gli fa visita un uomo distinto, con gli occhiali da sole neri (ha un occhio offeso) Carl Fogarty (Ed Harris), in compagnia dei suoi scagnozzi. Lo chiama Joey. Ma chi è Joey??? Tom sembra perplesso. Dice che si tratta di un fraintendimento. Li caccia via a malo modo. La moglie Edie (Maria Bello) vorrebbe dei chiarimenti che, però, non arrivano. Il protagonista subisce una metamorfosi, lo vediamo cambiare, diventa paranoico, ha paura di essere ucciso da Fogarty e teme per l'incolumità della sua famiglia. Ma come mai Fogarty lo pedina? Siamo davvero di fronte ad un fraintendimento? A poco a poco, ogni dubbio sull'oscuro passato di Tom viene fugato. Il suo vero nome è Joey e ha abbandonato Philadelphia, sua città d'origine, per lasciarsi alle spalle le atrocità che ha compiuto. E' uno spietato assassino e un torturatore. Ha mentito alla moglie e ai figli. Non è quel Tom Stall marito premuroso e papà tenero che abbiamo conosciuto all'inizio, bensì una feccia, un rifiuto della società, un individuo instabile, che fa della violenza la sua ragion d'essere. E' violento anche nel sesso (lo vediamo prendere la moglie per il collo, quasi a volerla strangolare, e scoparsela sulle scale di casa), non conosce altro linguaggio se non quello della violenza. L'apice del suo temperamento a dir poco “focoso” lo abbiamo nella scena più cruda del film, quando Fogarty raggiunge Tom a casa sua per il regolamento dei conti finale. Proprio in questa scena apprendiamo che l'uomo, in realtà Joey, ha torturato Fogarty, gli ha quasi strappato l'occhio, oltre ad aver commesso svariati omicidi. Tom però non vuole che il suo passato rovini tutto ciò che di bello è riuscito a costruire negli ultimi anni, famiglia compresa, e ammazza Fogarty e i suoi scagnozzi con l'aiuto del figlio, il quale sembra aver ereditato il temperamento violento del padre. La tranquillità familiare sembra ristabilita, ma la moglie Edie, che ormai sa tutto, è sconvolta, si sente tradita perchè sa di avere accanto a sé non l'uomo che ha sposato, bensì un omicida. Tom ha un ultimo conto da saldare, quello col fratello maggiore Richie (William Hurt), e, per far ciò, si reca a Philadelphia in cui avverrà un incontro/scontro all'ultimo sangue. Tom riesce a tagliare ogni legame col suo passato, grazie all'ultimo omicidio, quello appunto del fratello, e a ritornare a casa, dalla sua famiglia, cercando di riprendersi la sua vita. Cronenberg confeziona un film crudo, violento, duro e critico verso gli Stati Uniti (l'idea dell'eroe americano viene completamente smontata), non risparmiandoci nessuna delle atrocità che il protagonista compie, anzi, indugiando sulle stesse (primi piani su volti sfigurati e altre scene truculente) con una potenza visiva che lascia poco spazio all'immaginazione. Tutti i personaggi appaiono ben caratterizzati, soprattutto il protagonista, grazie alla pregevole interpretazione di Viggo Mortensen, che si regge sul dualismo bontà/cattiveria. Maria Bello è convincente, sebbene non troppo espressiva. Ed Harris, dal canto suo, dimostra di essere un ottimo caratterista. Anche il cameo di William Hurt è godibilissimo. Per concludere, "A history of violence" è una pellicola sicuramente di qualità, sebbene non proprio originalissima, visto il tema trattato, ma pur sempre interessante.
_________________
Affanculo io???
Vacci tu!!!

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Velvetone

Reg.: 20 Nov 2006
Messaggi: 604
Da: milano (MI)
Inviato: 28-11-2006 20:05  
Anzi avrebbe potuto essere ben altro che originale,ma l'impronta stilizzata ne ha fatto un pastrocchio...

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SLYVERR

Reg.: 29 Nov 2006
Messaggi: 2
Da: Veroli (FR)
Inviato: 29-11-2006 10:42  
Bella discussione!
Io penso che tutto il cinema di C. non debba essere valutato per le sue capacità tecniche (che comunque sono al di sopra di molti altri registi) ma per la carnalità e l'estraniazione ricercata di tutti i suoi soggetti che egli stesso lascia emergere con forte prevalenza. E' il suo stile inconfondibile, il marchio. Anche in questa pellicola si vedono i tratti inconfondibili cronemberghiani, non è un virtuoso e lo si sà. Questa volta Mortensen ha recitato come gli compete e le situazioni paradossali lo hanno aiutato ad esprimere il suo carisma. Insomma per me questo è un gran film.
_________________

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Schizobis

Reg.: 13 Apr 2006
Messaggi: 1658
Da: Aosta (AO)
Inviato: 29-11-2006 16:59  
quote:
In data 2006-11-27 19:15, Velvetone scrive:
Pacifiche due cose:

- che non capisco una bega di cinema

- col piffero che prima di elaborare,as usually,malamente le sinapsi che si sono attivate durante la visione,mi leggo le quindici pagine che precedono questo post. Dopo sì,ma ormai le mie puttanate saranno state vergate.

Detto questo,

impossibile formarsi a caldo un idea comunicabile e spendibile del film che non sia quella di straniamento, o se vogliamo rimugino, o se vogliamo ancora delusione per un pasto troppo parco che si sospetta essere stato nutriente,ma si sa... il nutrimento non esiste...

Al di là di considerazioni puramente e inutilmente psicologiche elaborate da una prospettiva personale,che riguardino il gradimento della fabula narrativa in quanto discorso ordinato e 'freddo ' ( la violenza incarnata e insieme repressa dall'ordinary man coi vestiti lisi e i lineamenti scavati richiama un certo qual modo di porsi del sottoscritto di fronte a situazioni 'problematiche ' ) lecito chiedersi se la caramella sia davvero solo una caramella o non piuttosto una primizia dissimulata ... se l'occhio di Cronemberg punta infatti evidentemente sul radiografismo distorto di un ambiente di provincia troppo sano per essere naturale e così malato da essere tana per i vermi, perchè essere così volgarmente hollywoodiani ?
Vediamo di spiegarci meglio: laddove il 'velluto blu ' dell'omonimo sogno cristalizzava nel vortice di un simbolo tutte le perversioni concepibili di una comunità chiusa e grottesca nel suo essere tale,catalizzando poi queste ultime in una sorta di 'submondo parallelo ' tanto reale per il protagonista e per noi quanto funzionale a far sì che la narrazione non incespicasse su se stessa,qui (? ) la scelta è esattamente opposta;laddove c'era una foresta,ecco il domino.
Il paragone con Lynch,sicuramente improprio ,mi aiuta però a cogliere quelli che ora come ora mi si pongono come snodi problematici in A History. La dicotomia non sempre è efficace,e questo è uno dei casi. Lo psicologismo dei caratteri è superficiale e illusorio perchè tutta la pregnanza del 'significato ' (se vogliamo banalizzare ) si esaurisce all'interno della secca dinamica linguistica,tramite rimandi e correlazioni fin troppo sperimentate, appunto, in certo cinemaccio moderno . Il film è sommariamente divisibile in tre blocchi narrativi, veramente senza sforzo;quello che potremmo chiamare il Prologo, la parte centrale e indi il conseguente sviluppo delle premesse. Ad occhio si affaccia già un terribile sillogismo, ma a ogni modo...

Il Prologo ci presenta la classica famiglia americana alle prese con la vita di tutti i giorni,ignara del fatto che un curioso e scalcinato duo di poveracci sta rottamando a ferro la Costa Ovest (piccolo appunto;perchè farci familiarizzare con il venalismo puzzolente di due simili individui,grazie ai piani sequenza iniziali,per poi bruscamente abbandonarli al loro (non ) destino e presentarceli alla fine come semplici strumenti dell'eroismo prima e della rivelazione poi ? )contenta di sè e delle sue conquiste:due coniugi innamorati folli,quando scopare significa Amore e rivitalizzazione perpetua: un figlio finto nerd che crede,con orgoglio di avere dalla sua l'arma più potente del mondo,la parola; e ciò che più conta,una vita tranquilla e placida,se nonchè tutto cambia d'improvviso e l'universo si capovolge; la tranquillità lascia il posto all'istinto,la certezza alla bugia,la parola alle mani. Ma come si fa a non storcere il naso davanti a scene così maldestramente ruffiane come l'improvvisa ira del figlio semicolto o la bonaria innocenza del pacioso sceriffo che si defila a scapito della ridigità scrupolosa ? Il titolo [ A History of Violence ] è certo emblematico del carattere esemplificativo,quasi archetipico della storia,ma se la stessa mostra da sola la sua banalità di fondo tanto da richiedere l'intervento di scene sensate solo da un punto di vista correlativo (l'improbabile quanto passeggera metamorfosi del figlio,la malcelata empatia di Edie per Fogarty contrappunto alla tenerezza precedente della stessa per il marito, la scopata sulle scale,dove l'amplesso,divorato con maestria certo ineccepibile,paradiso per pippaioli raffinati ,dovrebbe significare che l pura animalità ha preso il sopravvento sui sentimenti ) qualche domanda urge spontanea. La linearità narrativa raramente è un pregio,soprattutto quando volendo strafare sfora nella aridità comunicativa... allora perchè sovraccaricare un antieroe già tanto monolitico del peso di un 'cattivo ' altrettanto stereotipato (Harris, che rifà paro paro il personagio di A Beautiful Mind )così da ottenere una illusoria lotta buono/cattivo dove ops il buono non è in realtà buono perchè è cattivo pure lui... Lineare,forse pretenzioso forse terribilmente scontato (impossibile allo squillo del telefono non aspettarsi Richie/Hurt dall'altra parte )... tutto il potenziale psicologico della 'violenza come vera natura ' è messo al bando, a scapito di una storia mistery che si nutre di cariche oppositive di continuo rimarcate senza che il raccontare implichi un anima del raccontato. Certo lo splendido finale svela una capacità poetica che va ben al di là delle previsioni,allorchè ci si serva del silenzio,contrapposto al fragore precedente ,come unico efficace motore di cambiamento.
Se l'ora precedente fosse in grado di comunicare quanto una singola scena fa in due minuti,saremmo qui a parlare di altro,con più adrenalina ma anche un po' più contenti.




David Lynch? A beutiful Mind? Storia mistery?
O madonna santa, questo è l'ultimo tuo post che leggo. Speravo in qualche argomentazione seria, invece sembra la fiera delle vanità ( e delle banalità).
Ma invece di sparare minchiate non sarebbe più onesto fare una affermazione di tale genere: "il film mi sembra un pastrocchio ma forse sono io che non l'ho capito?"



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Velvetone

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Inviato: 29-11-2006 18:20  
quote:
In data 2006-11-29 16:59, Schizobis scrive:
quote:
In data 2006-11-27 19:15, Velvetone scrive:
Pacifiche due cose:

- che non capisco una bega di cinema

- col piffero che prima di elaborare,as usually,malamente le sinapsi che si sono attivate durante la visione,mi leggo le quindici pagine che precedono questo post. Dopo sì,ma ormai le mie puttanate saranno state vergate.

Detto questo,

impossibile formarsi a caldo un idea comunicabile e spendibile del film che non sia quella di straniamento, o se vogliamo rimugino, o se vogliamo ancora delusione per un pasto troppo parco che si sospetta essere stato nutriente,ma si sa... il nutrimento non esiste...

Al di là di considerazioni puramente e inutilmente psicologiche elaborate da una prospettiva personale,che riguardino il gradimento della fabula narrativa in quanto discorso ordinato e 'freddo ' ( la violenza incarnata e insieme repressa dall'ordinary man coi vestiti lisi e i lineamenti scavati richiama un certo qual modo di porsi del sottoscritto di fronte a situazioni 'problematiche ' ) lecito chiedersi se la caramella sia davvero solo una caramella o non piuttosto una primizia dissimulata ... se l'occhio di Cronemberg punta infatti evidentemente sul radiografismo distorto di un ambiente di provincia troppo sano per essere naturale e così malato da essere tana per i vermi, perchè essere così volgarmente hollywoodiani ?
Vediamo di spiegarci meglio: laddove il 'velluto blu ' dell'omonimo sogno cristalizzava nel vortice di un simbolo tutte le perversioni concepibili di una comunità chiusa e grottesca nel suo essere tale,catalizzando poi queste ultime in una sorta di 'submondo parallelo ' tanto reale per il protagonista e per noi quanto funzionale a far sì che la narrazione non incespicasse su se stessa,qui (? ) la scelta è esattamente opposta;laddove c'era una foresta,ecco il domino.
Il paragone con Lynch,sicuramente improprio ,mi aiuta però a cogliere quelli che ora come ora mi si pongono come snodi problematici in A History. La dicotomia non sempre è efficace,e questo è uno dei casi. Lo psicologismo dei caratteri è superficiale e illusorio perchè tutta la pregnanza del 'significato ' (se vogliamo banalizzare ) si esaurisce all'interno della secca dinamica linguistica,tramite rimandi e correlazioni fin troppo sperimentate, appunto, in certo cinemaccio moderno . Il film è sommariamente divisibile in tre blocchi narrativi, veramente senza sforzo;quello che potremmo chiamare il Prologo, la parte centrale e indi il conseguente sviluppo delle premesse. Ad occhio si affaccia già un terribile sillogismo, ma a ogni modo...

Il Prologo ci presenta la classica famiglia americana alle prese con la vita di tutti i giorni,ignara del fatto che un curioso e scalcinato duo di poveracci sta rottamando a ferro la Costa Ovest (piccolo appunto;perchè farci familiarizzare con il venalismo puzzolente di due simili individui,grazie ai piani sequenza iniziali,per poi bruscamente abbandonarli al loro (non ) destino e presentarceli alla fine come semplici strumenti dell'eroismo prima e della rivelazione poi ? )contenta di sè e delle sue conquiste:due coniugi innamorati folli,quando scopare significa Amore e rivitalizzazione perpetua: un figlio finto nerd che crede,con orgoglio di avere dalla sua l'arma più potente del mondo,la parola; e ciò che più conta,una vita tranquilla e placida,se nonchè tutto cambia d'improvviso e l'universo si capovolge; la tranquillità lascia il posto all'istinto,la certezza alla bugia,la parola alle mani. Ma come si fa a non storcere il naso davanti a scene così maldestramente ruffiane come l'improvvisa ira del figlio semicolto o la bonaria innocenza del pacioso sceriffo che si defila a scapito della ridigità scrupolosa ? Il titolo [ A History of Violence ] è certo emblematico del carattere esemplificativo,quasi archetipico della storia,ma se la stessa mostra da sola la sua banalità di fondo tanto da richiedere l'intervento di scene sensate solo da un punto di vista correlativo (l'improbabile quanto passeggera metamorfosi del figlio,la malcelata empatia di Edie per Fogarty contrappunto alla tenerezza precedente della stessa per il marito, la scopata sulle scale,dove l'amplesso,divorato con maestria certo ineccepibile,paradiso per pippaioli raffinati ,dovrebbe significare che l pura animalità ha preso il sopravvento sui sentimenti ) qualche domanda urge spontanea. La linearità narrativa raramente è un pregio,soprattutto quando volendo strafare sfora nella aridità comunicativa... allora perchè sovraccaricare un antieroe già tanto monolitico del peso di un 'cattivo ' altrettanto stereotipato (Harris, che rifà paro paro il personagio di A Beautiful Mind )così da ottenere una illusoria lotta buono/cattivo dove ops il buono non è in realtà buono perchè è cattivo pure lui... Lineare,forse pretenzioso forse terribilmente scontato (impossibile allo squillo del telefono non aspettarsi Richie/Hurt dall'altra parte )... tutto il potenziale psicologico della 'violenza come vera natura ' è messo al bando, a scapito di una storia mistery che si nutre di cariche oppositive di continuo rimarcate senza che il raccontare implichi un anima del raccontato. Certo lo splendido finale svela una capacità poetica che va ben al di là delle previsioni,allorchè ci si serva del silenzio,contrapposto al fragore precedente ,come unico efficace motore di cambiamento.
Se l'ora precedente fosse in grado di comunicare quanto una singola scena fa in due minuti,saremmo qui a parlare di altro,con più adrenalina ma anche un po' più contenti.




David Lynch? A beutiful Mind? Storia mistery?
O madonna santa, questo è l'ultimo tuo post che leggo. Speravo in qualche argomentazione seria, invece sembra la fiera delle vanità ( e delle banalità).
Ma invece di sparare minchiate non sarebbe più onesto fare una affermazione di tale genere: "il film mi sembra un pastrocchio ma forse sono io che non l'ho capito?"




ma infatti la mia premessa era esattamente su quella tonalità.... per evitare attacchi acidi come questo.... e comunque non capire ogni maledetto simbolo non deve mica portare ad abbandonare del tutto il senso critico... almeno io la vedo cosi.... e cmq se faccio tanto schifo nessuno ti costringe a leggermi.... anzi no ... se questo è l'ultimo post che tu leggi,sara anche l'ultimo (serio ) che scrivero.... anzi lo cancello direttamente...

Ingrati ignoranti.bah.....


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